Friedrich Wilhelm Nietzsche
Superate, uomini superiori, le piccole virtù, le piccole accortezze,
i riguardi da granelli di sabbia, il brulicolare come formiche, i piaceri meschini, la
“felicità dei più”! E preferite disperare che arrendervi.
E in verità, io vi amo perché voi non
sapete vivere oggi, uomini superiori! È infatti così che voi vivete, nel modo migliore!
Nel ciclico divenire cui tutte le cose del cosmo sono soggette e nel loro eterno ritorno a ciò che erano, a ciò che sempre sono state è insito il mistero della vita, dell’ immortalità, dell’ eternità.
La filosofia, come una qualsiasi scienza empirica, ha cercato di addentrarsi in questo mistero, scavalcandone spesso tutti i concetti ideali e religiosi che sarebbero stati un ostacolo al perseguimento di tale fine, mantenendone tuttavia il più inutile e il meno assoluto: il concetto di morale e moralità. Un concetto, peraltro, entrato a far parte. o meglio ancora, ad essere il principale, e spesso anche l’unico, fondamento di questa degenerata società moderna, precipua conseguenza di quell’età oscura che ci accingiamo a percorrere: l’ era del Kali-Yuga.
È completamente assurdo infatti, per chi sa comprendere i fondamentali concetti tradizionali parlare di un bene o di un male assoluti rispetto a cose e azioni che, assolute, certamente non sono. E tuttavia la radicale mancanza di qualsivoglia forma di spirito tradizionale fa di questi uomini delle vere e proprie bandiere di una fede: un vero e proprio culto per una, oltretutto ipocrita, mediocrità.
Uomini che sono incapaci di vendere i propri sogni e i propri ideali soltanto perché non ne hanno mai posseduti. E questo loro ostacolo è divenuto anche il loro confine, un confine che il tempo ha ormai cristallizzato nella forma di una inamovibile pietra che sbarra la strada, che ferma lo sguardo, che arresta il cammino.
È allora che l’uomo moderno, il figlio del progresso indefinito, diventa il più compiuto simbolo di sé stesso: il simbolo dell’ “ultimo uomo”: colui che non sa; che non ha il coraggio, per vedere l’alba, di affrontare il proprio tramonto; che non può creare perché non sa distruggere; che non può amare perché non sa odiare; che non sa disprezzarsi al punto di saper donare tutto sé stesso.
M se un uomo non ha il coraggio di morire, di tramontare per le sue idee e i suoi sogni, o non vale nulla lui, o non valgono nulla le sue idee ed i suoi sogni.
“Creatori cerca il creatore coloro che scrivono i valori su nuove tavole” e per farlo devono saper distruggere e tramontare.
Un distruttore è stato Friedrich W. Nietzsche. E un creatore.
Egli ha ricordato a tanti piccoli uomini il vero uomo: colui che è dominatore di sé e che “della sua virtù fa la propria inclinazione e il proprio destino”; colui che ha paura e dalla paura è sospinto e di essa fa il proprio coraggio; colui che ha una sola virtù: infatti “una sola virtù è più di due perché è un nodo più forte a cui si aggrappa il destino”; colui che vive per il proprio tramonto ed è in ogni momento, assolutamente, al di là del bene e del male.
Il grande provocatore, il grande dispregiatore, di tutto questo ha infervorato le sue opere e come su nuove tavole ha scritto i valori che l’ultimo uomo ha dimenticato. Ad una aristocrazia egli ha parlato, a “colui che ha lo spirito libero e il cuore libero: così la sua mente è solo le viscere del suo cuore, ma il suo cuore lo spinge al tramonto”.
“In verità l’uomo è una sozza corrente. Bisogna essere un mare per poter accogliere una sozza corrente senza divenire impuri. Ecco iovi insegno il superuomo: egli è questo mare e in lui può sprofondare il vostro grande disprezzo”.
Noi possediamo questo disprezzo, fratelli; e tuttavia soltanto nostra è una così grande fede nell’uomo. A noi soltanto, oggi, è dato di essere i creatori. A noi spiriti liberi a cui la fiamma ancora arde nel petto. E per farlo dobbiamo essere i distruttori, per scrivere le nostre nuove tavole dobbiamo spazzare via le vecchie.
Per creare i nuovi uomini, i nostri figli, per preparare il terreno dobbiamo abbattere, spazzare via l’ultimo uomo. Questo è il nostro compito, la nostra vera rivoluzione. Una rivoluzione spirituale. È di questo che oggi il mondo ha bisogno.
“Non vi consiglio il lavoro, ma la lotta. Non vi consiglio la pace ma la vittoria. Il vostro lavoro sia una lotta, la vostra pace sia una vittoria”
Dobbiamo sempre ricordare a coloro che vogliono dimenticare, a chi già lo ha fatto, che “l’uomo è una fune sospesa tra l’animale e il superuomo, – una fune sopra l’abisso” e che “quel che è grande nell’omo è che egli è un ponte e non una meta: quel che si può amare nell’uomo è che egli è transizione e tramonto”.
Tutto questo oggi noi vogliamo essere: non il gregge ma i compagni di viaggio di Zarathustra, quei compagni vivi che lo seguono “perché vogliono sé stessi”, perché
“compagni cerca il creatore e non cadaveri, ma nemmeno greggi e fedeli. Creatori cerca il creatore, coloro che scrivono nuovi valori su nuove tavole”
A uomini che “non sanno vivere se non per tramontare” egli continua insistentemente a parlare, perché essi sono coloro che “non cercano oltre le stelle una ragione per tramontare e sacrificarsi: bensì si sacrificano alla terra perché divenga un giorno del superuomo”.
Ed è tempo fratelli nella guerra, della nostra più grande battaglia in questa guerra dello spirito, in questa guerra per la libertà.
Non dobbiamo avere timore dell’odio, dell’invidia di coloro che non avendo il buonsenso e la forza di disprezzare sè stessi, affogano in noi il loro disprezzo. Fratelli, “non siete abbastanza grandi per non conoscere odio e invidia. Siate almeno abbastanza grandi per non vergognarvi di essi! E se non potete essere i santi della conoscenza siatene almeno i guerrieri”
“È tempo che l’uomo si ponga un fine. È tempo che l’uomo pianti il germe della sua massima speranza”, prima che sia troppo tardi. “L’umanità non ha ancora una meta. Ma ditemi fratelli miei: se all’umanità manca ancora la meta, non manca forse ancora lei stessa”
La meta allora, fratelli, cerchiamo di averla sempre inanzi, di avere sempre davanti agli occhi, in qualunque momento, il nostro fine: il nostro scopo; davanti agli occhi dobbiamo avere sempre coloro che ci hanno fatto intravedere la via, che per questo hanno amato sopra di se e sono tramontati: avere il coraggio di continuare a credere è il mezzo, dobbiamo compiere la nostra volontà di potenza, “perché lo spirito vuole la propria volontà, chi è perduto a questo mondo conquista il proprio mondo”.
“Il suo terreno è ancora abbastanza ricco. Ma questo terreno un giorno sarà povero ed isterilito e su di esso non potrà più crescere un albero alto. Ahimè ! Si avvicina il tempo in cui l’uomo non scaglia più la freccia del suo desiderio al di là dell’uomo, e la corda del suo arco ha disimparato a sibilare. Io vi dico: si deve ancora avere il caos dentro di sé per poter generare una stella che danza. Io vi dico: avete ancora del caos in voi. Ahimè ! Si avvicina il tempo in cui l’uomo non genererà più stelle. Ahimè ! Si avvicina il tempo dell’uomo più disprezzabile, quello che non sa più disprezzarsi. Ecco io vi mostro l’ultimo uomo”.
Eccolo l’uomo che non sa più disprezzarsi, guardatelo nella sua democratica inutilità. Ecco colui il cui unico mezzo nella vita è il suo più profondo egoismo e il cui unico fine è il nulla; colui che dell’avere ha fatto la sua base e della sua meschinità il proprio fondamento; colui che ha solo diritti e nessun dovere, il cui amore è tanto bastardo da non avere alcuna remora di ammazzare un bambino nasce; colui che non ha più alcunché di sacro, il figlio della sua stessa morte.
Eccolo quest’uomo, questo è il suo tempo fratello, il tempo si “nessun pastore e di un unico gregge. Ognuno vuole la stessa cosa, ognuno è uguale: chi sente in modo diverso entra spontaneamente in manicomio”
“Alla mia meta io voglio dirigermi; io vado per la mia strada; salterò oltre i titubanti e i tardi. E la mia strada sarà il loro tramonto”
Ed è proprio questa la meta che oggi manca a tanti uomini: una fede, un grande, immenso amore. Persino la fede assoluta nell’egoismo è una cosa troppo grande per l’uomo di fine millennio. Non sa amare neanche sé stesso così fortemente, come si può pretendere che possa amare al di sopra di sé.
Amare al di sopra di sé. Questa è la prima meta verso il superuomo.
Eppure oggi “molte sciocchezze di breve durata – questo da voi si chiama amore. E il vostro matrimonio mette fine a molte sciocchezze di breve durata, perché è un’unica grande sciocchezza… Al di sopra di voi dovete amare! Solo così imparate ad amare. Aureo riduce lo sguardo a chi dona”.
“Libera è ancora oggi per le anime grandi della terra. Una tavola della cose buone è sospesa sopra ogni popolo. Ecco, è la tavola dei suoi superamenti, ecco è la voce della sua volontà di potenza” .
“Così parla a me la giustizia: gli uomini non sono tutti uguali. E neanche devono diventarlo! Che cosa sarebbe il mio amore per il superuomo se io parlassi diversamente! Che la vita deve sempre di nuovo superarsi. Chi vuole salire in alto ha bisogno di altezza. Salira vuole la vita, e salendo superarsi”
Io amo colui che ha l’anima così traboccante da dimenticare se stesso e tutte le cose che sono in lui: tutte le cose così diventano il suo tramonto.
Io amo colui che ha lo spirito libero e il cuore libero: così la sua mente è solo le viscere de suo cuore ma il suo cuore lo spinge al tramonto.
Io amo tutti coloro che sono come gocce grevi, che cadono ad una ad una dalla nube oscura sospesa sopra gli uomini: essi annunziano che viene la folgore, e periscono come annunziatori.
Ecco io sono un annunziatore della folgore e una goccia greve delle nube: ma questa folgore si chiama superuomo
Friedrich W. Nietzsche
“E come venti vigorosi noi vogliamo vivere al di sopra di loro, vicini alle aquile, vicini alla neve, vicini al sole: così vivono i venti vigorosi.”